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I servizi pubblici locali. Tra luoghi comuni e realtà

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Con il breve post odierno intendo iniziare un percorso che si svilupperà in una serie di pubblicazioni che si susseguiranno nel blog sull’argomento dei servizi pubblici locali. Questa piccola raccolta “a puntate” cercherà di analizzare succintamente la storia, l’evoluzione e le problematiche dei diversi settori dei spl, i quali, pur presentando delle sfumature particolarmente differenti tra di loro, rappresentano parte della vita quotidiana di tutti noi. Quanto costituiscano dei bisogni primari lo si è capito molto chiaramente, nostro malgrado, in quei quattro giorni in cui la quasi totalità delle utenze livornesi si è ritrovata senza acqua potabile, a causa della rottura alla tubatura che trasporta l’acqua potabile dalla sorgente di Filettole fino a Livorno. Partendo quindi dallo stato dell’arte ed effettuando confronti locali, nazionali ed internazionali, sia dal punto di vista pratico che da quello normativo, cercherò di suggerire una visione complessiva del problema per poi indicare alcune soluzioni possibili per migliorare la gestione e la qualità complessiva dei spl.

I spl costituiscono una materia di studio difficile e ermeneuticamente complessa. I profili di criticità sono molteplici, potendoli tuttavia racchiudere in due categorie principali: l’interdisciplinarietà del settore e l’irrazionale sedimentazione normativa. Riguardo al primo profilo, subito emerge l’impronta che le diverse branche del diritto lasciano nella disciplina positiva. La regolamentazione di questa area è infatti talvolta determinata da norme di diritto privato, generalmente afferenti al diritto commerciale, talaltra dal diritto pubblico, in particolare dal diritto amministrativo, lasciando ampi spazi di indeterminatezza, così come avremo modo di spiegare nelle prossime puntate, proprio per la scarsa decisione del legislatore nel prendere una posizione chiara e netta. A rendere ulteriormente problematica la questione sono state le frequenti pronunce di condanna da parte dell’organo di giustizia dell’Unione Europea nei confronti della disciplina nazionale, spesso censurata per un eccesso di protezionismo dei c.d. “campioni nazionali” in mano pubblica a discapito della concorrenza. Il legislatore è infatti intervenuto, specie negli ultimi tempi, in modo spannometrico, mosso dalla necessità dell’adeguamento a tali pronunce, per poi rimanere travolto dalla volontà popolare espressa tramite referendum abrogativo, tenutosi da ultimo nel giugno 2011 e che ha comportato una variabile ulteriore nella già complessa materia. Riguardo al secondo profilo, la criticità deve essere rilevata nella mancanza di un disegno chiaro e univoco di quale concezione di servizi pubblici locali si abbia. Il legislatore, apparentemente colpito da un’irrazionale schizofrenia, ha prodotto, a colpi di maggioranza, interventi settoriali e talvolta ideologicamente orientati, tralasciando spesso proprio quello che dovrebbe essere il fine ultimo dei servizi pubblici locali: la miglior soddisfazione dei bisogni primari del cittadino utente, alla tariffa più bassa possibile. Soprattutto negli ultimi venti anni, in particolare dall’entrata in vigore della L. 142 del 1990 la disciplina è oscillata dalla conservazione, con il tradizionale utilizzo delle forme di gestione diretta, all’opposta soluzione della concorrenza, cui sembra invece tendere più recentemente, fatta salva la parziale frenata, di cui ancora adesso dobbiamo ancora capire la reale portata, causata dal referendum.

I principali elementi di criticità a cui l’interprete è costretto a far fronte sono proprio quelli legati all’adattamento di figure giuridiche a istanze pro-concorrenza, quando quegli stessi istituti erano stati pensati per ben altri obiettivi. A forzare la mano del legislatore è spesso il surrettizio ricorso alla spinta derivante dagli appunti mossi dalla Commissione Europea, salvo poi scoprire la neutralità di tali indicazioni, suscitate solo per garantire servizi pubblici trasparenti e di livello adeguato agli standard di vita europei.

A tutto questo deve aggiungersi l’alternanza tra normativa ordinaria e normativa speciale, rendendo spesso oscura l’area di delimitazione di entrambi e inasprendo quindi ulteriormente il lavoro di chi tenta ad avvicinarsi a questa materia.

Non mi resta quindi che augurare buona lettura per le prossime puntate!

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