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I have a dream: Livorno

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I bambini sono il nostro futuro. Sono l’evoluzione di un popolo, delle sue tradizioni, dei suoi modi di fare. Della sua storia. Sono anche il nostro orgoglio e la nostra speranza.

L’arte invece è fatta di emozioni, oltre che di tecnica, di passione, oltre che di correnti artistiche, e riuscire a trasmettere ad un bimbo quanto è importante l’arte è un grande traguardo al giorno d’oggi.

Ripartire da loro per iniziare un percorso che abbia la contaminazione naturale tra cultura ed istruzione mi pare un passo avanti concreto.

C’è bisogno che i ragazzi di oggi siano spettatori di domani, che si possano fermare davanti ad un quadro e rimanere incantati, invece che davanti alla tv.

C’è bisogno che tocchino con mano la storia che ha fatto grande il nostro paese e che la possano vivere con le caratteristiche proprie dei bambini. Cose che noi grandi un po’ perdiamo crescendo: i bambini sono stimolanti, imprevedibili, divertenti, curiosi, ironici, illuminati e illuminanti.

Chiudo gli occhi e penso al sistema inventato anni fa dal venezuelano Abreu che, partendo dai bambini, ha disegnato un percorso culturale per i giovani (spostandone tanti anche da povertà, ignoranza e spesso droga) creando un’educazione musicale diffusa e capillare, con accesso gratuito e libero per bambini di tutti i ceti sociali.

L’arte è fatta di emozioni e di passione. Caratteristiche peculiari nel dna di ogni bambino, qualsiasi sia la condizione sociale o il colore della pelle. I bambini sanno stupirsi e sognare perché non sono ancora “inquinati” da tutto quello che gli propina la società moderna come modello di arte. Ripartire da loro può essere un bel modo di tracciare un percorso verso la conoscenza e la riscoperta di un mondo, quello culturale, che è suggestivo e sconfinato.

Una cosa è certa, quando arriva la tempesta spesso spazza via moltissimo. È quello che è successo in giugno nella nostra soleggiata città. Non tutti i mali vengono per nuocere, senza ombra di dubbio e per questo credo che quanto sia successo alle ultime elezioni debba farci riflettere sul futuro cittadino.

Penso a quello che mi piacerebbe veder nascere nei prossimi anni a Livorno a livello culturale: un teatro che funziona e fa da fulcro a tutta la provincia, un Modigliani che diventa davvero il centro delle attrazioni turistiche e culturali del territorio, un Fattori che si impone a livello regionale attraverso il museo esistente. E un bel festival letterario, perché no?

Ho girato l’Italia in lungo e largo, dal festival della letteratura di Milano alla Versiliana, dal “Le Mots” di Aosta al circolo dei lettori di Torino. Perché non pensare un festival letterario all’ombra dei quattro mori, magari estivo? In fortezza vecchia o alla rotonda, poco importa la location. Ci sono città che lo organizzano in una tensostruttura di plastica in mezzo ad una piazza perché non hanno luoghi di pregio o caratteristici. Noi ce l’abbiamo, e la fantasia non ci manca.

Penso ad esempio al “Ca‘ Moro”, il risto/bateau gestito da ragazzi down a bordo di un affascinante peschereccio proprio davanti ai quattro mori. L’inventiva non ci manca, la fantasia neppure. Allora perché non sognare? Adesso tante cose si sono resettate in questa città, quindi non rimane che cogliere questo momento di estremo fermento con grande positività. I problemi ci sono e ci saranno ancora questo è certo. Ma sognare è gratis.

Allora, come dicono gli americani, “I have a dream”: mi piacerebbe vedere una città che sfrutta nel miglior modo possibile le proprie risorse culturali. Che fa rete con quello che ha intorno a livello geografico. Che si inventa nuove situazioni di attrazione turistica, rischiando anche qualcosa. Perché, si sa, chi non risica non rosica.

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