Parliamo di politica, più o meno seriamente.

Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

Parliamo di politica, più o meno seriamente.
Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

Deturpato il monumento alle vittime del Moby. Povera Livorno

Condividi

Facebook
Twitter
Telegram
WhatsApp

Il monumento in memoria delle vittime del Moby Prince, presentato per il triste 25esimo anniversario dell’evento, è rimasto intonso per appena sette giorni. Nella notte tra domenica e lunedì infatti è stato deturpato con alcune scritte e graffi.

Per chi non avesse visto il monumento, dal nome “Koningin Juliana” (il primo nome della Moby Prince), è veramente impressionante e scatena emozioni autentiche: è un cubo in acciaio da imbarcazione con dei segni che escono verso l’esterno della scultura e simboleggiano le grida di dolore delle vittime; la struttura vista dai quattro angoli ricorda la prua della nave, ma allo stesso tempo simboleggia una scatola-contenitore che nasconde la verità.

E’ mortificante che sia avvenuto questo spiacevole evento sotto innumerevoli punti di vista.

In primis per le vittime dell’incidente e i loro familiari, che oltre all’onta insopportabile e insostenibile di non aver risposte in merito a quello che accadde quella notte di ormai venticinque anni fa, hanno dovuto anche subire questa deturpazione alla memoria. Pochi giorni prima, per altro, c’è stato il brutto gesto da parte del cantautore De Gregori che ha snobbato la consegna della targa commemorativa, prima del concerto al Teatro Goldoni, e l’attacco hacker che ha messo ko il sito web-inchiesta “Verità privata del Moby Prince”e quello della campagna #iosono141, cancellandone il database a pochi giorni dall’anniversario.

E’ veramente un atto vergognoso, che tutta la Redazione condanna esprimendo vicinanza ai familiari delle vittime che l’opera intende ricordare.

Ma oltre a questo non può che preoccupare la degenerazione del tessuto sociale e culturale cittadino, l’incuria e il menefreghismo che ormai molti livornesi sfoggiano con orgoglio.
La città ha sempre tenuto in grembo due anime antitetiche in equilibrio dinamico: quella guascona e dissacrante e quella rivoluzionaria di tenace orgoglio. Per chi se lo fosse scordato, Livorno era un luogo letteralmente raso al suolo dai bombardamenti dopo la seconda guerra mondiale: siamo risorti sfruttando le nostre potenzilità e facendo leva sulle energie migliori della città che con serietà e lavoro hanno fatto di Livorno il secondo porto d’Italia. Noi, che ai mille di Garibaldi partenti da Quarto abbiamo ceduto ben 35 livornesi, conserviamo anche un’anima guascona che è quella della barzelletta del livornese che vede Gesù che cammina sull’acqua e pensa “Guadra vello scemo: un sa nemmeno nuotà”. Siamo fatti così, irrimediabilmente ironici e desiderosi che la prima libecciata spazzi via tutti i problemi. Solo a Livorno una cyclette poteva essere lasciata alla rastrelliere delle biciclette, solo da noi potevano venir fuori i doppiaggi del “Nido del Cuculo” e venir concepito “Il Vernacoliere”.

Quando le cose si bilanciano siamo un popolo struggente, incredibile, fuori dal tempo e dallo spazio di cui è impossibile non innamorarsi. Peccato che abbia già preso possesso del tessuto cittadino la degenerazione dell’indolenza che sta passivamente ad attendere ancora quella libecciata, che oggi è troppo fiacca per scacciare i problemi che sono diventati complessi. Questa degenerazione si tocca nel venir meno della solidarietà e dell’empatia che è il nosstro maggior tratto distintivo, che si è tramutata nella locuzione “m’importaunasega“: la risposta a ogni domanda che richieda una ben che minima preparazione e conoscenza.

Il porto va male? M’importaunasega, avevano a rubà meno.
AAMPS chiude? M’importaunasega, tanto per terra è sempre lezzo.
Il Caprilli chiude? M’importaunasega, a me le corse un mi garbano.
La TRW chiude? M’importaunasega, c’hanno la cassintegrazione.
E’ morto uno in porto? M’importaunasega, tanto non era di Livorno.
Il Livorno retrocede? M’importaunasega, ci sono cose più importanti.
Il centro chiude? M’importaunasega, vo all’ipercoppe.
Ci sono i croceristi? M’importaunasega, io desino con le gambe sotto ir tavolino.
Mi offri un lavoro che non mi garba? M’importaunasega, ci sto gobbo al moletto.
Fanno la Darsena Europa? M’importaunasega, tanto a me un mi ci pigliano a lavorà.
Chiude il camper che fa l’alcooltest gratis ai bimbi? M’importaunasega, hanno a bè di meno.

Serve, ora come non mai, qualcosa che rimetta al posto il cuore della città. Prenderci per mano, tutti noi cittadini e fratelli, guardare il nostro mare dalla scalinata di antignano e sentire dentro l’energia per risorgere con le nostre gambe, la nostra forza e la nostra testa. Forse, in un clima diverso, nessuno avrebbe mai osato toccare il monumento ai caduti del Moby Prince.

E’ il momento di fare qualcosa.

Ultimi articoli